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Così, se nella liturgia di domenica 3 maggio, Gesù descrive il Padre come un “contadino/vignaiolo”, e carica questa immagine delle valenze salvifiche che ben conosciamo, in quella del 26 aprile si fa riferimento

-          a “costruttori” che, stoltamente scartano una pietra che diverrà angolare

-          a pastori, o meglio al pastore per eccellenza, Gesù, pastore “buono” che dà la vita

-          a “mercenari”, lavoratori per nulla appassionati al loro lavoro

Una rappresentazione, certo un po’ schematica, ma forse abbastanza efficace delle modalità con cui di fatto viene affrontato il mondo del lavoro:

-          Quando è vissuto come merce si hanno i disastri del capitalismo disumano che vanno dalle schiavitù ancora presenti in tante parti del mondo, ai lavoratori percepiti come “materiale di scarto”, per dirla con Papa Francesco, e per registrarla anche in casi vicini a noi (es. Agrati)

-          Quando è vissuto senza sapienza si sperimentano le contraddizioni del troppo lavoro, del lavoro in competizione con la famiglia, del lavoro che, in definitiva, diventa un idolo

-        Ma quando il lavoro è integrato nello stile dei discepoli di Gesù, dei “figli di Dio”, quando è segnato dalla categoria dell’amore del Padre, è capace veramente di dare vita, di portare benessere autentico, di vincere le ingiustizie. In una parola, di diventare “vocazione”: “La vocazione è vivere con amore e offrire la propria testimonianza cristiana nelle occupazioni di ogni giorno” (Papa FRANCESCO, Messaggio per la Giornata Mondiale delle Vocazioni”)

Come persone appartenenti a questa società, ci sentiamo anche noi responsabili di un mondo del lavoro in cui ancora sono presenti lo sfruttamento, il lavoro minorile, un salario inadeguato, rischi per la salute e la sicurezza di chi lavora, la precarietà senza fine, specie per i giovani. Signore pietà

Per quelle volte che non svolgiamo il nostro lavoro, qualunque esso sia, con attenzione, con cura, con diligenza, pensando all’utilità che esso può avere per gli altri. Cristo pietà

Quando la perdita del lavoro o la sua mancanza o la sua precarietà ci abbattono e ci fanno perdere la speranza in Gesù che ci può salvare, Lui che è solidale e partecipe fino in fondo con la nostra condizione umana, perdonaci Signore. Signore pietà

Per la nostra Chiesa e le nostre comunità locali: non manchi l’attenzione a chi vive in difficoltà e che per la mancanza di lavoro o per situazioni lavorative ingiuste, rischia di perdere la speranza. Preghiamo

Per coloro che hanno perso il lavoro, per i precari e per chi è nell’incertezza lavorativa: sappiano credere nella forza del Vangelo. Preghiamo

Aiutaci a vivere il nostro lavoro con la finalità di servire un bene comune, come servizio per altri. Preghiamo

Attraverso il lavoro, aiutaci a costruire un mondo in cui l’economia sia al servizio dell’uomo e non il contrario, per una vita più sobria e solidale. Preghiamo

Per ciascuno di noi: perché, docili all’azione dello Spirito, possiamo infondere speranza specie nei  giovani, nel promuovere un lavoro fondato sul senso della comunità e della dignità della persona. Preghiamo.

All’ “offertorio” Suggeriamo di valorizzare le parole che la liturgia propone per accompagnare la presentazione del pane “frutto della terra e del lavoro dell’uomo” e del vino “frutto della vite e del lavoro dell’uomo”. Se si scegliesse un canto, non si dovrebbe trascurare la parola lavoro

Agli “avvisi parrocchiali” Si può far sapere che l’Arcivescovo presiede la Veglia della Solidarietà, in Duomo, davanti alla Sindone, MERTEDI’ 28 alle 21. La Commissione Lavoro dell’Unità Pastorale si è data un ritrovo per “andare tutti insieme” MARTEDI’ alle 20 al capolinea “Fermi” della Metropolitana

Per i gruppi di catechismo/gruppi giovanili

Si può ipotizzare che tanti bambini/giovani non saprebbero descrivere con molti particolari quale lavoro fanno papà e mamma. Con realismo prendiamo atto che questa stagione dell’anno pastorale ha tante altre “priorità” e tuttavia …una piccola realizzazione in vista di o a partire da le sollecitazioni di queste pagine potrebbe essere che i figli sollecitano i genitori a raccontare del loro lavoro (magari avendo preparato in gruppo la griglia di una “intervista”) e poi, magari, condividono nel gruppo di catechismo/gruppo giovanile.

Ulteriori piccole riflessioni sparse (rubate qua e là)

Una delle caratteristiche del mondo del lavoro oggi è la prospettiva della precarietà del lavoro, specie per i giovani, e non la sua stabilità, come invece ha conosciuto l’epoca industriale precedente.

Non dobbiamo però rassegnarci alla precarietà…..anche Gesù lo è stato (“Il Figlio dell’Uomo non ha dove posare il capo….”), PER CUI NON DOBBIAMO SMETTERE DI SPERARE!!!

Occorre guardare i giovani precari con “il cuore”: vivono una condizione difficile, che la generazione precedente non ha vissuto. Fanno fatica ad organizzarsi il futuro, non solo lavorativo, ma anche nella costruzione di una famiglia.

Il lavoro, sia per il magistero della Chiesa che per la nostra Costituzione, è pur sempre un valore basilare, il “passaporto per la cittadinanza”.

Papa Francesco, rivolto ai giovani dice: “non lasciatevi rubare la speranza!”

Gli adulti sono i veri responsabili della condizione in cui si trovano i giovani: l’egoismo nel perseverare con un modello economico che è fallito (la finanza che ha preso il sopravvento sul lavoro); considerarsi come degli “eterni adolescenti” che continuano a consumare imperterriti nonostante le risorse del pianeta non ce lo consentano.

Educhiamoci ed educhiamo i giovani per un’economia che sia a servizio dell’uomo, che si basi sulla fiducia e sul senso della comunità tra le persone,  per una vita sobria e solidale.

Educhiamoci alla SPERANZA NEL FUTURO!

Il lavoro non può essere concepito solo come realizzazione di sé, visione molto presente oggi, per cui il metro di misura principale del proprio lavoro diventa “se mi piace”, perdendo di vista l’utilità sociale, per gli altri di ciò che si fa!! (un medico, un idraulico, un’insegnate, una cuoca ….non lavorano solo per realizzare se stessi…il loro lavoro va svolto bene in quanto svolge qualcosa di utile per gli altri!!).

Dobbiamo pertanto anche recuperare il concetto che “ci si realizza davvero facendo bene il proprio lavoro; non preoccupandosi troppo per sé, ma lasciandosi assorbire dai bisogni della gente”.

La domanda che può guidare un giovane oggi nel cercare e nel creare un lavoro può essere: in cosa, qui ed ora, posso essere utile agli altri?

Così si recupera la speranza nel proprio futuro lavorativo: pensando e tracciando strade nuove, che ancora non esistono!

Dio, consegnando all’uomo l’opera della sua creazione, gli chiede di continuare il suo lavoro, di tirare fuori cose nuove con il proprio lavoro (anche il più ripetitivo e apparentemente banale) impiegando la sua creatività!

Occorre speranza nel futuro, per tracciare strade nuove, per superare una passiva ripetitività di un passato che ben conosciamo, ma che non potrà più continuare allo stesso modo nel futuro.

 

Allegati:
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