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EVANGELII GAUDIUM: ANCHE LA FAMIGLIA E' CHIAMATA A VIVERE LA SUA VOCAZIONE MISSIONARIA

«Evangelii gaudium» cioè «la gioia del Vangelo riempie il cuore e la vita intera di coloro che si incontrano con Gesù» donata al popolo cristiano a chiusura dell'Anno della Fede, già nelle prime righe contiene il senso di tutta l'esortazione apostolica. Un documento di ampio respiro in cui papa Francesco indica un programma di vita per ogni cristiano e per ogni comunità e dove si delineano e approfondiscono le linee guida di quest’inizio di pontificato.

Il “gaudio” di cui parla papa Francesco non è un generico sentimento psicologico, è la gioia della persona rinata, della salvezza incontrata e sperimentata nella vita della grazia, della misericordia, della speranza pur nella fatica, della forza di guardare avanti nonostante le difficoltà, della luce che la fede in Gesù Cristo getta su tutta la nostra vita, personale, familiare, comunitaria, sociale.

Una Chiesa in uscita

Si legge al punto 20 del 1° capitolo …"Tutti siamo invitati ad accettare questa chiamata: uscire dalla propria comodità e avere il coraggio di raggiungere tutte le periferie che hanno bisogno della luce del Vangelo"

Chi, meglio della famiglia, dei coniugi cristiani vive nelle "periferie", ossia fuori dagli ambienti puramente ecclesiali per immergersi negli uffici, nelle fabbriche, nelle scuole, nelle palestre, nelle strade, nei supermercati, nei condomini?

Chi, meglio della famiglia - prima cellula della società - è in grado risanare, per irradiazione attraverso la sua testimonianza, gli ambienti dove si fa più fatica, dove ci sono divisioni, incomprensioni, fratture?

Chi, meglio della famiglia, è in grado di testimoniare il dono di sé, l'attitudine al sacrificio, la perseveranza nelle tribolazioni, la gioia che scaturisce dall'amore reciproco, la costanza dell'opera educativa senza mai stancarsi di sperare in un futuro migliore?

La Chiesa (e la famiglia in quanto piccola Chiesa), come ricorda papa Francesco al punto 23 del cap. 1° "Fedele al modello del Maestro, è vitale che oggi esca ad annunciare il Vangelo a tutti, in tutte le occasioni, senza indugio , senza repulsioni e senza paura. La gioia del Vangelo è per tutto il popolo, non può escludere nessuno".

La Famiglia "modello di evangelizzazione"

La famiglia è un tassello molto importante nell'evangelizzazione. Infatti le famiglie veramente cristiane si riconoscono dalla fedeltà, dalla pazienza, dall'apertura alla vita, dal rispetto degli anziani...

Si coglie ancora una volta nell'esortazione E.G. l'attualità della vocazione propria della famiglia, la caratteristica pregnante del suo essere, la concretezza della sua attitudine:  "La comunità [possiamo dire anche la famiglia] evangelizzatrice si mette, mediante opere e gesti, nella vita quotidiana degli altri, accorcia le distanze, si abbassa fino all'umiliazione se è necessario, e assume la vita umana, toccando la carne sofferente del Cristo nel popolo"  (E.G. punto n.24-cap.1) e ancora: " La comunità evangelizzatrice è sempre attenta ai frutti, perché il Signore la vuole feconda. Si prende cura del grano e non perde la pace a causa della zizzania".

La famiglia ha il compito di ricordare a chi fa più fatica che "…ogni insegnamento della dottrina deve situarsi nell'atteggiamento evangelizzatore che risvegli l'adesione del cuore con la vicinanza, l'amore e la testimonianza" (E.G. n. 41 cap.1). Al suo interno, infatti, sa per esperienza che spesso (soprattutto con i figli) è più utile l'esempio di una vita coerente (non perfetta!) piuttosto che una serie di regole vuote e insignificanti se non supportate dalla vita vissuta. La famiglia è il luogo dove si impara ad amare, il centro naturale della vita umana. E' fatta di volti, di persone che amano, dialogano, si sacrificano per gli altri e difendono la vita, soprattutto quella più fragile, più debole.

Per questo il papa ci esorta ad avvicinarsi con attenzione e affetto alle famiglie in difficoltà, a quelle che sono costrette a lasciare la loro terra, che sono spezzate, che non hanno casa o lavoro, o per tanti motivi sono sofferenti; ai coniugi in crisi e a quelli ormai separati, con quell'atteggiamento di cordialità e rispetto che riscalda il cuore.

Essere "padri e madri" dal cuore aperto

"Uscire verso gli altri per giungere alle periferie umane" non vuol dire correre verso il mondo senza una direzione e senza senso. Molte volte è meglio rallentare il passo, mettere da parte l'ansietà per guardare negli occhi e ascoltare, o rinunciare alle urgenze per accompagnare chi è rimasto al bordo della strada. A volte è come il padre del figlio prodigo, che rimane con le porte aperte perché quando ritornerà possa entrare senza difficoltà." (E.G. n. 46 - cap. 1).

Siamo dunque chiamati a vivere la nostra spiritualità nel quotidiano, ad essere uomini e donne che incarnano la fede nella storia, nella concretezza degli eventi che segnano il nostro vissuto. L'esperienza autenticamente umana di Gesù, straordinariamente ordinaria, ricca delle emozioni e dei sentimenti che appartengono anche a noi, ci aiuta a capire e a dare valore alla nostra umanità, allo scorrere degli avvenimenti che la segnano. Gesù è attento ad ogni forma di relazione, al dolore e alla gioia. Non si sottrae neppure alle feste come a Cana, dove compie il suo primo miracolo. Le feste parlano di condivisione, di gioia, di amicizia, di ospitalità, di attenzione, di servizio e indicano un modo per condividere una comunione. Sono i tratti di un'umanità calda, che si fa carico delle vicissitudini degli amici, del loro dolore e della loro gioia. L'esperienza di questa solidarietà ci chiama in causa poiché ci fa comprendere che il dono non è solo per gli amici. E' anche per gli estranei, i poveri che incontriamo lungo il cammino, per i vicini di casa poco amabili, per tutti coloro che cercano aiuto, che invocano cibo per sfamarsi o un po' di affetto. Conosciamo bene la parabola del Buon Samaritano e conosciamo bene gli alibi, che sono anche i nostri, di quanti passano accanto al malcapitato senza soccorrerlo. Può succedere anche a noi di fingere di non vedere, di non farci carico di chi soffre la miseria, la mancanza di affetti, di chi è ferito nella propria dignità. Gesù ci invita ad avere cura, ad aprire il cuore, a prendere su di sé la sofferenza degli altri e a permettere che essa entri nel nostro cuore e, se necessario, muti i nostri programmi e le nostre scelte.

Ogni giorno siamo chiamati a vivere questa novità, a essere uomini e donne come Cristo, ad essere padri e madri, fratelli e sorelle di sangue, a praticare la carità non come fatto straordinario ma come un atteggiamento quotidiano che si concretizza in una parola, in una stretta di mano, in uno sguardo, in un abbraccio, in ascolto, in un piccolo servizio a chi ne ha bisogno.

Diacono Andrea e Virginia