Collegno, chiesa di Gesù maestro, domenica 09/03/2014
“La gioia del vangelo”
Ritiro spirituale di Inizio Quaresima
Intervento n° 2 su “pastorale in conversione”, nn. 25-33.
Il papa esordisce auspicando che questo testo non può/non deve lasciare le cose come stanno ora: non serve più una semplice amministrazione ma uno stato di permanente missione.
Ecclesia sempre reformanda è un motto nato dall’esigenza di restare sempre fedeli a cristo e al vangelo nei vari e mutevoli contesti storici re culturali. La riforma deve riguardare lo spirito con ci si compie la missione e non solo le strutture, poiché senza autentico spirito evangelico ogni struttura si corrompe in fretta.
Il papa sogna una chiesa in cui consuetudini, stili, linguaggi etc… siano un canale sempre migliore per trasmetter il vangelo, la riforma delle strutture è solo in senso missionario. La parrocchia ad es. non è struttura caduca, è realmente chiesa tra le case, ma deve formare i suoi membri per l’evangelizzazione. L’appello al rinnovamento delle parrocchie non ha ancora dato sufficienti frutti perché questa sia ancora più vicina alla gente e orientata completamente alla missione.
Pongo dunque qui la prima questione: è vero che Gesù manda i suoi come agnelli tra i lupi, sappiamo le difficoltà ad uscire ed annunciare, perciò proviamo a capire quali sono gli effettivi ostacoli alla missione: cosa ci rende difficile l’annuncio? Cosa ci frena o ci fa paura?
Quanto alle altre strutture (comunità, movimenti, associazioni, gruppi…) hanno spesso molto fervore evangelizzatore ed è bene che siano integrati nella realtà parrocchiale, e della diocesi. Occorre annunciare Gesù ai più bisognosi e anche alle periferie sociali e territoriali, ma occorre anche una purificazione interna. Il vescovo deve favorire la “comunione missionaria” a volte prendendo le iniziative, a volte standoci in mezzo, altre stando dietro (ossia seguendo ciò che ha avuto avvio dal basso, dal popolo di Dio). Gli organi di partecipazione ecclesiale (ad es. il CPP) non hanno il compito di organizzare ma piuttosto la preoccupazione di arrivare a tutti.
Un ostacolo sempre possibile è la consuetudine: la riforma risulta difficile se il criterio pastorale è che “si è fatto sempre così”, si dice giustamente che l’abitudine ammazza tutto ma soprattutto non è amore. Occorre non solo individuare i fini ma anche far eun discernimento comunitario dei mezzi più idonei, in base al criterio della carità missionaria.
Le domande su cui riflettere pertanto possono essere due, in sede di ritiro spirituale:
- Cosa ci rende difficile l’annuncio? Cosa ci frena o ci fa paura?
- Cosa ci spinge o ci attira a farlo? Con che motivazioni partiamo?