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L'inevitabile processo di trasformazione delle parrocchie dovrà svolgersi con gradualità, con sostenibilità, con flessibilità, escludendo la soluzione unica per tutti. Occorrono differenti attenzioni per la Città di Torino (e prima cintura) e il territorio dei paesi e di provincia. Le parrocchie rimangono, tuttavia, l'ossatura dell'attuale missione della Chiesa, con i loro limiti (appartenenza debole) e i loro pregi (“buone pratiche” di grande valore esemplare).

  1. Tra le condizioni per l’esistenza di una parrocchia sono stati individuati: numero di abitanti, cura dell'Eucaristia domenicale, sufficiente presenza di una comunità educante con regolari proposte formative, adeguata attenzione alla carità operosa sul territorio. Siamo d’accordo?
  2. Com'è possibile diminuire il numero delle parrocchie nell’area metropolitana? Con quali criteri individuare i luoghi/chiese in cui rimarrà la messa domenicale e gli altri luoghi in cui sarà svolta la preparazione ai sacramenti, l'oratorio e il servizio della carità (nei cosiddetti centri di aggregazione pastorale) da cui si confluirà nel centro principale per la messa domenicale?
  3. È possibile celebrare l'Eucarestia domenicale solo nella Chiesa parrocchiale? E laddove vi siano più messe in diversi centri, celebrarle a distanza di 90 minuti l’una dall’altra (per consentire un minimo di rapporto con i fedeli)? 
  4. Quali ambiti pastorali richiedono con urgenza una formazione di operatori pastorali a livello di tutta l’unità pastorale (ad es. pastorale giovanile, catechesi, animazione dell’Oratorio, servizi di carità ecc.) attraverso l'aiuto degli Uffici pastorali della Curia?
  5. Come inserire al meglio i diaconi permanenti, le religiose, le associazioni cattoliche  nelle attività pastorali dell'unità pastorale?

 

SCHEDA SUL RIASSETTO DIOCESANO

per l'incontro dell'Arcivescovo con i C.P.P. delle UP

(testo integrale)

Nelle sessioni dello scorso anno pastorale 2013-2014, il consiglio presbiterale ha lavorato su alcune domande circa il riassetto della diocesi (accorpamento di parrocchie e ristrutturazione delle unità pastorali) nei prossimi 10-15 anni.

Lo scopo di tale riflessione è di favorire un’ampia comunione nel presbiterio e in tutto il popolo di Dio nel prospettare una strategia pastorale per il futuro a medio-lungo termine, nell’orizzonte di missionarietà che Papa Francesco ha indicato nella Evangelii Gaudium (Chiesa in uscita), tenendo conto della forte diminuzione di sacerdoti, però anche della crescita dei laici in corresponsabilità e del contesto socio culturale di oggi.

I risultati delle tre sessioni di lavoro sono stati assunti e ripensati dal consiglio episcopale e sono stati presentati ai preti nella recente assemblea del clero. L'inevitabile processo di trasformazione delle parrocchie dovrà svolgersi con gradualità, con sostenibilità, con flessibilità, escludendo la soluzione unica per tutti.

Accanto ad alcuni criteri generali sono stati individuati e proposti differenti attenzioni per la Città di Torino (e prima cintura) e il territorio dei paesi e di provincia. Le parrocchie rimangono, tuttavia, l'ossatura dell'attuale missione della Chiesa, con i loro limiti (appartenenza debole) e i loro pregi (“buone pratiche” di grande valore esemplare).

ALCUNE DOMANDE. Le domande in grassetto sono quelle che aiuteranno la discussione tra l'Arcivescovo e i consigli pastorali. Il Vescovo si aspetta una risposta pertinente al territorio delle unità pastorali incontrate, cioè suggerimenti per i bisogni del loro territorio.

DOMANDE GENERALI

Quali sono le condizioni per l’esistenza di una parrocchia? Alcuni criteri sono stati individuati:

numero di abitanti, cura dell'Eucaristia domenicale, sufficiente presenza di una comunità educante con regolari proposte formative, adeguata attenzione alla carità operosa sul territorio.

 L'eventuale "soppressione" - o meglio accorpamento - di parrocchie deve essere subordinata a valutazione caso per caso, per evitare di ferire la legittima sensibilità ecclesiale delle persone e la storia di secoli, e comunque le chiese non più parrocchiali rimarranno centri religiosi vivi.

Laddove avverrà tale processo di accorpamento, è opportuno cambiare i preti/diaconi e formare una nuova equipe di clero alla guida pastorale delle nuove aree?

Le unità pastorali sono un utile punto di partenza? Un semplice passaggio intermedio rispetto al traguardo del riassetto? Quale di queste linee è da promuovere?

 Occorre anche stabilire un rapporto sereno e costruttivo tra parrocchie e mondo associazionistico e riconoscere "nella diocesi e nel suo vescovo il riferimento fondamentale" per tutti (Lettera pastorale 2014, L'amore più grande, n.27).

 Occorrerà anche affrontare in modo sistematico - a livello diocesano - il fardello del patrimonio immobiliare e la sostenibilità economica delle parrocchie in base agli obiettivi pastorali. Quali suggerimenti date per le destinazioni dei beni immobili dismessi?

Come valorizzare la qualificata presenza in Torino e in tutta la Diocesi dei molteplici carismi dei Religiosi e delle Religiose che rappresentano una risorsa per il riassetto?

PER TORINO E PRIMA CINTURA

Com'è possibile diminuire il numero delle parrocchie nell’area metropolitana? Con quali criteri individuare i luoghi/chiese in cui rimarrà la messa domenicale e gli altri luoghi in cui sarà svolta la preparazione ai sacramenti, l'oratorio e il servizio della carità (nei cosiddetti centri di aggregazione pastorale) da cui si confluirà nel centro principale per la messa domenicale?

Nel tessuto metropolitano, che risente meno del problema delle appartenenze territoriali e dei campanilismi, come ripensare il modello delle unità pastorali: secondo quali modifiche?

Riflessione particolare merita la situazione del centro storico di Torino con il suo patrimonio artistico: come valorizzarlo anche in ambito pastorale?

PER LA PROVINCIA

Per il territorio della Provincia ci sono alcuni elementi propri: la maggiore distanza chilometrica tra i vari centri religiosi, l'età media più elevata del clero, la maggiore fedeltà di questi ambienti ai legami affettivi verso le parrocchie (soprattutto se coincidono con il paese) con la loro storia e il (ancora) forte attaccamento alle tradizioni. In provincia, come regolarsi circa la riduzione del numero di parrocchie? Come educare le persone a non pretendere che l’esistenza di ogni parrocchia sia legata alla presenza di un prete “in loco”?

 È opportuno che all’interno dei singoli territori (un Comune o più Comuni) si individuino dei "capoluoghi" (o centri religiosi maggiori) intorno ai quali organizzare l’esistenza di centri religiosi “minori”?

ALCUNE DOMANDE PARTICOLARI

1. Circa le celebrazioni della Messe nelle cappelle e chiese succursali, il Sinodo diocesano afferma al n.29: "Laddove è possibile, per il numero dei fedeli e le dimensioni della chiesa, si preferisca la celebrazione di un'unica Eucarestia festiva". È possibile celebrare l'Eucarestia domenicale solo nella Chiesa parrocchiale? E laddove vi siano più messe in diversi centri, celebrarle a distanza di 90 minuti l’una dall’altra (per consentire un minimo di rapporto con i fedeli)?

2. Quali sinergie e collaborazioni attivare tra i Consigli Pastorali parrocchiali e l'equipe dell'unità pastorale?

3. Quali ambiti pastorali richiedono con urgenza una formazione di operatori pastorali a livello di tutta l’unità pastorale (ad es. pastorale giovanile, catechesi, animazione dell’Oratorio, servizi di carità ecc.) attraverso l'aiuto degli Uffici pastorali della Curia?

4. Come inserire i diaconi permanenti nelle attività pastorali dell'unità pastorale o di altre unità diverse da quelle in cui risiedono, valorizzandone meglio le prerogative?