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AGRATI L’azienda lombarda è intenzionata a licenziare 82 dipendenti dello stabilimento

Ex Fivit Colombotto - Collegno con i lavoratori

Le parrocchie e la cittadinanza vicine alle famiglie che non si arrendono a essere considerate numeri

Dateci un salvagente

In questi giorni chi da Torino arriva in metropolitana a Collegno, a 100 metri dalla stazione Fermi in via De Amicis 114, si imbatte nello stabilimento della Fivit Colombotto Agrati circondato da un cordone di salvagenti: è l’ultima simbolica iniziativa di protesta messa in atto dagli 82 dipendenti che dal prossimo aprile perderanno il posto di lavoro. Dopo i disegni dei figli dei dipendenti, che con la semplicità e l’immediatezza dei bambini chiedono ai proprietari dell’azienda (la famiglia Agrati), di non «lasciare il mio papà senza lavoro», da giorni lo stabilimento dell’ex Fivit Colombotto è «abbracciato» da decine di salvagenti e braccioli. L’intenzione dei lavoratori è quella di lanciare un  messaggio di Sos: «l’azienda sta affondando, portateci un salvagente». «È l’ultima delle iniziative di sensibilizzazione dell’opinione pubblica che abbiamo messo in atto in questi giorni – spiega uno dei dipendenti, Marco Pellegrino, responsabile qualità – per far capire a tutti la nostra disperazione: siamo come uomini e donne in mezzo al mare, chiediamo un salvagente per salvarci. Il paradosso della nostra situazione è che il nostro stabilimento non è in crisi, anzi. Pare che la proprietà si stia preparando a spostare le nostre lavorazioni in uno stabilimento gemello in Francia per razionalizzare la produzione». Motivi strategici dunque che nulla hanno a che fare con i bilanci dell’impianto di Collegno, che fino a due giorni prima dell’invio delle lettere di licenziamento era considerata un’azienda sana «tanto che gli  82 dipendenti avevano percepito un premio di risultato per aver raggiunto il 100% degli obiettivi», rileva Claudio Siviero, rsu Fiom. «La Fivit Colombotto, dal 1962 è capofila nella produzione di viti e bulloni per auto ed elettrodomestici. È un’azienda storica di Collegno – prosegue Siviero – che, acquisita nel 2001 dal gruppo lombardo Agrati, è stata appena sfiorata dalla crisi con qualche episodio di cassa integrazione nel 2009 rientrato subito. Per questo, dati i bilanci positivi, l’annuncio della chiusura dell’impianto, giunto a noi lavoratori il 30 gennaio scorso, è stato come un fulmine a ciel sereno: non possiamo arrenderci solo perché le leggi di mercato hanno deciso che 82 lavoratori fino a ieri considerati parte attiva di un sistema virtuoso oggi debbano essere scaricati. Non ci stiamo ad essere considerati solo numeri: siamo lavoratori e lavoratrici che hanno contribuito a creare ricchezza all’azienda. Molte delle nostre famiglie sono monoreddito e perdere il lavoro significa spezzare il futuro per noi e per i nostri figli». «Non vogliamo – prosegue Marco Pellegrino, che si occupa delle iniziative di comunicazione per sensibilizzare l’opinione pubblica (tra queste un profilo facebook «Uniti x il nostro futuro – Lavoratori Agrati Collegno ex Fivit Colombotto» che in questi giorni ha avuto centinaia di contatti) che la nostra vicenda cada nel dimenticatoio. I disegni dei nostri figli che abbiamo pubblicato on line hanno fatto il giro d’Italia, abbiamo avuto l’attenzione di giornali e Tv, i video della nostre manifestazioni sono su You Tube. Speriamo ancora in un gesto di attenzione dell’azienda». E la risposta dell’opinione pubblica, della cittadinanza, delle parrocchie di Collegno e delle istituzioni non si é fatta attendere. L’assessore regionale al Lavoro Claudia Porchietto ha convocato i vertici dell’azienda per un faccia a faccia chiarificatore, il Consiglio comunale di Collegno ha convocato una seduta aperta sulla questione, una fiaccolata di solidarietà con i lavoratori ha coinvolto migliaia di cittadini. Giovedì scorso anche la Regione Lombardia, dove risiede la sede del gruppo Agrati, ha promesso ai lavoratori di impegnarsi per trovare una soluzione di comune accordo con il Piemonte. «La solidarietà che stiamo ricevendo in questi giorni anche da lavoratori di altre aziende della zona è molto bella. Ci fa sentire meno soli – ammette Siviero – Ora stiamo aspettando che qualcosa si muova attraverso i canali istituzionali e venga convocato un tavolo di crisi. Intanto proseguiamo le manifestazioni di sensibilizzazione: sabato 9 marzo nel padiglione 14 del Parco della Certosa, abbiamo organizzato a partire dalle 14 un pomeriggio di solidarietà con le famiglie colpite dai licenziamenti: ci saranno giochi per i bambini e momenti di aggregazione per tutti coloro che vogliono condividere la nostra fatica di osare il futuro». «I disegni dei bambini dei lavoratori colpiti da questa triste vicenda – sottolinea don Salesio Sebold, moderatore dell’Unità pastorale di Collegno e parroco della Madonna dei Poveri – hanno toccato tutti noi preti e le comunità parrocchiali perché per un ragazzino capire che i propri genitori sono in difficoltà ad assolvere il compito principale di una madre ed un padre che è quello di dare futuro ai propri figli è frutto di grande sofferenza, infragilisce il percorso di crescita che per essere equilibrato deve avere nei genitori un punto fermo. Una mamma e un papà disperati perché non sanno come mantenere gli studi per i propri figli, pagare l’affitto o il mutuo della casa, in una parola assicurare serenità sono motivo di grande sofferenza per i bambini e gli adolescenti. Per questo noi sacerdoti e cristiani di Collegno seguiamo da vicino le famiglie dei lavoratori dell’Agrati ma anche le centinaia di altri lavoratori che sono in difficoltà per la crisi economica». Don Salesio sottolinea come la vicenda dell’Agrati si inserisca in una situazione già molto difficile e che ogni giorno i sacerdoti collegnesi devono affrontare: «Quotidianamente incontriamo persone che chiedono lavoro per loro e per i loro figli: noi non sappiamo cosa rispondere. Il nostro compito però è quello di stare vicino alle persone e alle famiglie nella prova con l’ascolto, la vicinanza, talvolta la mediazione tra le parti sociali. Noi ci siamo per dare speranza e in questo clima di sconforto e delusione forte desideriamo invitare tutti coloro che hanno responsabilità a mettersi una mano sulla coscienza e a non anteporre le scelte di mercato alle persone. Dietro un lavoratore licenziato c’è sempre una storia, una famiglia. E un imprenditore che ha a cuore davvero la sua azienda non può non tenerne conto».

  Marina LOMUNNO (da “La Voce del Popolo del 9 Marzo 2014)